Io Sono Teatro 2012/13 Una notte in TunisiaMestre Teatro Toniolo Da Venerdì 23 a Domenica 25 Novembre 2012. 23 novembre ore 21.00 (turno C) 24 novembre ore 21.00 (turno D) 25 novembre ore 16.30 (turno E) ![]() Foto di Tommaso Le Pera di Vitaliano Trevisan
e con Maria Ariis, Pietro Micci e Roberto Trifirò
scene e i costumi di Barbara Petrecca sperimentazione sonora realizzata da RAI-Direzione Strategie Tecnologiche con il CRIT di Torino e il CPTV di Milano i cieli proiettati sul fondale sono di Pietro Guccione
una produzione Teatro Franco Parenti si ringrazia per la collaborazione Gli Ipocriti
Dentro le prove di Gianni Valle Assisto a una filata. Mancano pochi giorni al debutto e in scena ci sono dei leggii. Gli attori hanno davanti dei fogli. Sono indietro con le prove? No, si capisce che potrebbero andare a memoria, come fa il personaggio del servitore. Però leggono. Penso che la regista lo abbia scelto come forma di straniamento (si parte da un testo per ritornare ad esso). L'hanno detto tutti che bisogna evitare il rischio dello spettacolo-documento, che il protagonista è lui ma non è lui, l'uomo politico andato a vivere in Tunisia e che i modelli sono altri. Insomma bisogna trattarlo come un classico del teatro. Basta guardare la scenografia, aperta da un boccascena con le colonne, con i cambi di scena che anticipano la chiusura e riapertura del sipario. D'altra parte è il metodo di Andrée che cerca prima il senso poi la forma da dargli. Un'indagine che s'impernia sulla parola e dunque interroga il testo leggendo e rileggendo, come usavano fare i registi di una volta con lunghe prove a tavolino, quando più che le intonazioni si cercavano i sentimenti e a chi vi assisteva appariva chiaro il perché dello spettacolo. Torno un paio di giorni dopo, quando sta per arrivare il momento del confronto con il pubblico. I leggii sono scomparsi e l'unico che legge è il protagonista, il signor X. Capisco che ho assistito alle tappe conclusive di un percorso e che a segnarne il cammino è stato il dettato del palcoscenico.
Ecco perché più che di una messa in scena si è trattato di una messa a fuoco. Asciugare, precisare, semplificare. Concentrare l'energia. Arrivare all'essenziale. Qui, ora, su questo palcoscenico, con questi attori, la sola rappresentazione possibile, la più convincente. E' rimasto il protagonista che legge la parte perché è la citazione di se stesso. Trevisan, come usano fare i teatranti, ha rubato una trama, che sono gli ultimi giorni di Craxi, che non è lui, ma il suo involucro, fatto di brani dei suoi discorsi. Le parole che si accinge a dire sono quelle che ha già scritto, dunque può solo rileggersi. Fermo, incapace di uscire da se stesso. D'altra parte è abituale vedere un politico che parla con dei fogli davanti.
Appunti notturni alla vigilia del primo giorno di prove. Appunti per una messa a fuoco di Andrée Ruth Shammah Dare fisicità alla tensione che sento da mesi, da quando questo testo mi è arrivato tra le mani... Creare lo spazio adatto per raccontare un corpo, quel corpo e con il suo isolamento trovarsi dentro la sua solitudine per arrivare a una dimensione altra... Un punto scentrato fuori dal tempo in un presente che è già storia, un presente capace di guardare dentro al nostro presente... Una scena che respira, suoni che arrivano e si allontanano. Una intera opera creata dal giovane compositore Yuval a disposizione dello spettacolo... momenti inquietanti con voci che arrivano con il vento... Nessuna necessità di simulare la realtà. Creare le azioni con le didascalie. Cecchin veneto come l'autore che avrà la grazia, la puntualità, il modo di muoversi dentro e fuori dalla sua parte di Pietro Micci, è lui che impaginerà lo spettacolo, che muoverà la leggerezza della scena. Cecchin parla in terza persona ma quando serve a X esegue alcune azioni vere, reali - alcune si, altre no... Lasciarsi andare alle suggestioni delle prove: alcune cose saranno giuste altre no... Immaginare il fratello che vola oltre al parapetto... no! Non si tratta di trovare in nessun modo di rendere l'azione credibile. Far dire la didascalia all'attore. E alla moglie l'intenzione nascosta di farlo cadere giù perché la moglie è l'amore per i figli, per la famiglia, è l'amore al di sopra di tutto, l'amore che non cede, che cerca di inventare soluzioni per riuscire a farlo tornare ad operarsi con i medici migliori e il sogno-incubo del marito di andare al proprio funerale forse, chissà? Le ha dato l'ultima pazza idea...
Si fa strada l'immagine di una bara. Non devo farmi tentare di impiegare immagini per rendere più facile, più comprensibile l'ascolto del testo. Lavorare dentro e intorno alle parole per muovere sentimenti e pensieri. Creare la giusta tensione e nel pubblico una grande attenzione del cuore e della mente.
23 novembre 2012 ore 17.00 Teatro Toniolo incontro con l’autore Vitaliano Trevisan e l’attore Alessandro Haber e la compagnia coordina l’Assessora alle Attività culturali del Comune di Venezia, Tiziana Agostini
Franco Cordelli, Il Corriere della Sera
Alessandro Haber, superbo, offre una delle sue più controllate e drammatiche prove. La regista Andrée Ruth Shammah tiene a freno tutto come un incubo logorroico di Bernhard sotto una tenda. Da non perdere. Rodolfo Di Giammarco, La Repubblica
Trevisan non ha scritto un pamphlet politico, ma ha meditato, evocando un po’ Bernhard e un po’ Beckett, sulla paralisi e sui sogni su cui può consegnarsi un uomo che è stato potente. La regista Andrée Ruth Shammah ha maneggiato la materia con un tocco squisito di pietosa secchezza, mentre Alessandro Haber dà al signor X accenti rabbiosi, melanconici, ironici, ne fa una creazione meravigliosamente umana, ben sostenuto dal “fratello” Martino Duane, dalla “moglie” Pia Lanciotti e da Pietro Micci, Cecchin: un Buster Keaton calato dentro una tragedia. Osvaldo Guerrieri, La Stampa
La Shammah opera come se a tenerle la mano fosse Nadar, l’antesignano e principe dei fotografi. Nessuna sfocatura. E nessun attore se non Alessandro Haber potrebbe dare maggiore credibilità e verità al personaggio. Con un equilibrio di toni vocali e gestuali a tratti rabbrividente, con un’energia compressa sempre pronta ad esplodere. Il suo Mister X-Craxi a diventare una maschera tragica che non riusciremo a dimenticare. Domenico Rigotti, Avvenire
C’è molto più Thomas Bernhard che Bettino Craxi nel signor X di Alessandro Haber… un personaggio che è figura, idea, funzione. Quella di un potente che ha perso il potere. La soluzione registica trovata da Andrée Ruth Shammah per domare questa tragedia shakespeariana molto contemporanea è quella di fare un passo indietro lasciando che la parola sia la vera protagonista. Per questo Haber legge la sua parte, come un politico che arringa, come un narcisista che cita se stesso, come un retore che misura il suo carisma… Lontano dalla cronaca politica più o meno recente, molto vicino al cuore livido della follia del potere. Sara Chiappori, La Repubblica
La regia molto sorvegliata di Andrée Ruth Shammah immerge giustamente lo spettacolo in un clima onirico e grottesco (il protagonista cita Bernhard, guarda caso)… Scandita in quattro scene in uno spazio candido più simile ad una tenda berbera che a una casa… Alessandro Haber è impressionante per il modo in cui costruisce il suo personaggio sfuggendo all’imitazione, ma suggerendolo con una partitura vocale e gestuale intensissima. Maria Grazia Gregori, L’Unità
Il dramma umano di X è nel farsi egli stesso, con la malattia che lo divora, l’emblema del marcio che dilaga nella società. Da qui l’ossessiva e brillante esternazione, a volte becera, per esorcizzare la morte che arriva… Tragicommedia secondo la definizione apposta da Trevisan al suo copione, che la regista Andrè Ruth Shammah racchiude in forme semplici, secche, senza abbandoni emotivi. Toni Colotta, Avvenire
«X», personaggio avvolto nella sua solitudine, nella disperazione di una fine che si annuncia prossima, nella consapevolezza che il suo disfacimento fisico e politico è il simbolo e il segno del disfacimento di una società vuota di speranze, invasa com' è dal cancro dell' incultura, del piccolo interesse, dell' affarismo, dell' apparire. Un grande Alessandro Haber che la regista ha guidato lungo le strade di un' invettiva dal senso bernhardiano di rito ossessivo, implacabile e impeccabile… Magda Poli, Il Corriere della Sera
…impressionante vivacità degli accenti regalatigli dal sorprendente magnetismo di Alessandro Haber alla tappa più prestigiosa della sua carriera… spettacolo appassionato e vibrante diretto con suadente partecipazione emotiva da Andrée Ruth Shammah. Enrico Groppali, Il Giornale
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